Verso il palcoscenico e il grande schermo. Incontri con aspiranti registi umbri

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La comunicazione audiovisiva sembra essersi imposta come uno dei linguaggi dominanti del mondo contemporaneo. Sistemi di distribuzione come le piattaforme di streaming (e prima ancora internet stesso) hanno reso questa forma espressiva ancora più pervasiva di quanto già non fosse, e poiché anche dispositivi come gli smartphone sono ormai abbastanza performanti da permettere di poterli usare per girare un film, la realizzazione di prodotti del genere oggi è più accessibile che mai. Ma nonostante questa apparente democratizzazione, entrare nel mondo del cinema o del videomaking è davvero più facile? E che ne è di quelle forme analoghe che invece non presuppongono la mediazione di un video, come il teatro?
Inoltre, cosa significa decidere di praticare un percorso del genere in una regione come l’Umbria, che non è particolarmente famosa per le opportunità e le iniziative in questo ambito?

Nicholas Brenci, Saverio Mannocci e Matteo Fiorucci mi hanno aiutato a provare a rispondere a queste domande. Anche se di età e background diversi, tutti e tre hanno deciso di portare avanti questo percorso. L’interesse per il cinema di Nicholas è partito, quando aveva tredici anni, dalla curiosità di sapere come venivano realizzati gli effetti speciali. Analogamente, attraverso il “making of” di Nightmare Before Christmas Saverio ha avuto modo di conoscere il lavoro dietro a un prodotto del genere all’incirca alla stessa età. L’approccio al teatro di Matteo è iniziato al liceo, con la visione obbligata di spettacoli, che pur non piacendogli riescono comunque a comunicare la potenza di un mezzo espressivo del genere.

I percorsi, dopo, in qualche modo si equivalgono, tra formazione autodidatta, corsi specifici e le sperimentazioni sul campo, con un progressivo avvicinamento all’ambiente lavorativo vero e proprio. Il quale, tanto per il cinema che per il teatro, rimane spesso sterile, se non direttamente ostile, nei confronti dei creatori e delle produzioni indipendenti. A dire di Matteo “in Italia il teatro è problematico per moltissime ragioni, una delle quali è che, funzionando molto con gli scambi, se un teatro non ha abbastanza potere d’acquisto quello che produce non gira. Quindi può diventare molto frustrante. E in Italia c’è un teatro che se venisse notato potrebbe produrre grandi talenti, anche se non l’abbiamo ringiovanito quando era il momento e siamo in ritardo rispetto alle altre realtà europee”. E secondo Saverio “il fatto è che, nonostante qui in Italia in passato a livello artistico si siano fatte le più assurde avanguardie, c’è ancora una percezione molto conservatrice, anche se questo è un problema trasversale. Poi a livello globale c’è sempre il rischio di andare verso il monopolio delle grandi corporazioni del cinema che porta all’omologazione di film e serie tv come se fosse una catena di montaggio”. E se possibile, con la pandemia queste tendenze si sono aggravate ancora di più.

A un livello più basso, oltre a tutte queste problematiche di carattere generale si pone anche il problema di come arrivare a poter effettivamente lavorare nel settore. Seguire accademie o corsi specifici è certamente utile per la formazione personale sul tema, ma lo è ancora di più per conoscere questi contesti dall’interno e incontrare chi li vive da più tempo. Un aspetto che ovviamente non passa solo attraverso le istituzioni di formazione ufficiale, ma anche attraverso corsi, laboratori, e via dicendo. In effetti vale per tutti e tre i casi qui presi in esame: Nicholas è entrato in contatto con il collettivo di videomaking Penumbria Studio con cui ha poi collaborato attraverso un corso gratuito tenuto da quest’ultimo, Saverio ha incontrato il direttore della fotografia e documentarista Mattia Mariuccini con cui ha poi messo piede su un set vero e proprio durante un laboratorio organizzato, al tempo, dal suo liceo. Anche Matteo ha iniziato il lavoro con la compagnia Occhisulmondo a seguito della sua partecipazione a un corso di teatro. Colpisce, in tutti i racconti, quanto l’ingresso in questo mondo sia determinato da fattori quasi aleatori, e comprensibilmente può anche risultare demoralizzante per qualcuno che sta iniziando adesso o non si è ancora davvero approcciato a questo ambito.

Nonostante l’incertezza per il futuro (che è poi a sua volta un problema trasversale) rimane la voglia di portare avanti questo genere di percorsi. Anche senza contare tutte le complicazioni della realtà lavorativa, come ha spiegato Nicholas: “È un lavoro che richiede sempre tanta energia, sia mentale che fisica, e può essere anche molto costoso”. Ma, continua, “se pensi che ti possa piacere, se hai un’idea, anche una cosa semplice, secondo me è importante provare. Provare e sperimentare, e vedere se è qualcosa che riesci a portare avanti”.

Leonardo Colaiacovo