L’ho conosciuto grazie alla videointervista di un mio amico, la seconda del suo nuovo format Parla di rap: Sheddy, artista perugino appartenente al mondo dell’hip hop underground emergente.
Mentre facevo i complimenti al mio amico ho scoperto con sorpresa che poteva procurarmi il suo contatto telefonico. Euforico e al tempo stesso timoroso per la mia scarsa familiarità col mondo del rap dopo qualche minuto mi sono ritrovato il numero in rubrica e la cosa mi sembrava molto strana. Gli ho scritto. Mi ha risposto dopo qualche ora e ci siamo accordati di risentirci la sera quando sarebbe rincasato dal lavoro.
Mi chiama e io rispondo:
“Ciao Sheddy”.
“Ciao. Edoardo?!”.
Si, anch’io mi chiamo Edoardo come te. Ma quindi sei romano o perugino? Perché in un’intervista ho letto che hai origini romane.
“No, no, sono perugino doc”.
Anni?
“Venticinque”.
Hai detto che sei tornato dal lavoro, vero? Spiegami un po’ questa cosa. Ha a che fare sempre con la musica?
“No, in realtà no, lavoro come dipendente in un autolavaggio”.
E quindi come lo trovi il tempo per la musica, per i tuoi progetti?
“Finché sono stato in quarantena sono riuscito a dedicare molto tempo alla mia musica. Il problema è ora che ho iniziato a lavorare di nuovo. Riesco a trovare il tempo principalmente la sera e nel fine settimana. Per dirti, adesso sto aspettando il fotografo per uno shooting. Nel weekend magari vado comunque in discoteca o esco con gli amici, ma poi mi chiudo nel mio studio e mi metto a registrare, provare, seguire le collaborazioni con altri artisti. Qualche volta mi capita anche di staccare alle una e mezza e alle due ho un’intervista in radio come ospite. Non è sempre facile. Anche da un punto di vista fisico è faticoso, però mi sono levato le mie soddisfazioni, ad esempio ho aperto i concerti a rapper come Gemitaiz, Gue Pequegno, Er Comi”.
Quindi la musica è la tua passione, ma non la tua professione.
“Per ora direi che hai ragione: il lavoro che faccio è necessario per vivere e per proseguire il mio sogno. Se non lavorassi, non essendo mantenuto da qualcuno, dovrei mettere da parte la musica o comunque non potrei farla bene. Se lavorando posso investire cento, senza lavoro potrei investire dieci. Io la vedo più come un investimento a lungo termine, che una perdita. Però spero che ci sia presto un cambiamento; non dico il successo o di farci un sacco di soldi – anche se ovviamente non ci sputerei sopra – vorrei guadagnare lo stipendio di un operaio con la musica per poter vivere della mia passione e magari sistemare anche la mia famiglia, poi il di più ben venga”.
C’è un grande scollamento tra Sheddy ed Edoardo, una sorta di alienazione tra persona e personaggio?
“Sono un rapper umile, nel senso che sto coi piedi per terra, sono sicuro di me stesso e so bene da dove vengo e quanto sto faticando. Anche senza la musica ho una mia identità, e il lavoro in questo mi aiuta, mi rende più forte. Quando faccio musica e viene fuori il mio lato artistico o sono in mezzo ai fan smetto di essere un dipendente che deve lavorare a testa bassa, posso esprimermi liberamente, e in questo senso si crea il personaggio mostrando due lati del mio carattere e della mia personalità completamente diversi. Un album che apprezzo è Persona di Marracash perché si vede chiaramente che c’è un legame tra Marracash e Fabio, il personaggio e la persona. Sheddy è quello che interpreta ma chi scrive è Edoardo. Il problema di centrare tutto sul personaggio – e ne vedo tanti in giro – è che crei false aspettative”.
Invece come vivi le relazioni, gli amici, la famiglia? Hai paura di essere visto più come Sheddy che come Edoardo?
“Vabè ormai anche il mio migliore amico mi chiama Sheddy, ma quando esco con il mio gruppo non mi importa di essere Sheddy. Loro ci saranno sempre anche al di là della musica perché sono amicizie vere. Ancora non ce l’ho il successo, ma con alcuni mi faccio la domanda se mi darebbero le stesse attenzioni se non fossi quel che sono; fortunatamente non tutti i miei amici mi stanno dietro per la musica. A proposito della famiglia vorrei avere la possibilità di comprare casa a mia mamma e sistemare i miei fratelli e i miei cari. Penso a tanti che sono costretti ad allontanarsi e poi perdono le relazioni familiari. Una famiglia mia? Ora come ora difficile, anche se sono fidanzato da quasi due anni, magari sarei costretto a lasciare la musica per i figli; ma se mi sistemassi la vorrei una famiglia perché potrei garantirle un futuro”.
E nel peggiore degli scenari continueresti a lavorare all’autolavaggio o hai altre passioni e ambizioni? Cosa volevi fare da grande prima di incontrare la musica?
“Fino a quando non è arrivata la musica (17-18 anni) non ho mai detto ‘vorrei fare questo da grande’. Se non andasse bene con la musica non ti saprei dire cosa farei, ma spero di non dovermene allontanare: ho suonato la batteria, cantavo nel coro della chiesa, corsi di canto a scuola e poi ho iniziato la carriera come solista. Però oltre la musica ho sempre avuto anche un lato imprenditoriale e prima della quarantena pensavo di rilevare con un mio amico una pizzeria a Deruta, ma vorrei farlo una volta che mi sono sistemato”.
Mi sono incuriosito leggendo un’altra domanda che ti era stata fatta in quell’intervista. Vorrei saperne di più: come hai vissuto la provincia? Vivere a Perugia ti ha tarpato le ali?
“Perugia è periferia, se la paragoni a Milano. Non ti dà i giusti spazi e oltre a esperienze negative come cavolate da ragazzini, da un punto di vista musicale offre un bacino più piccolo, meno audience, e il rap è meno conosciuto”.
Pensi che il rap attecchirà mai a Perugia come in altre città di Italia?
“Sono sicuro di sì, ma non come a Milano, ad esempio. Sono città troppo diverse per pretendere una cosa del genere”.
Non mi sono reso minimamente conto che è passata un’ora e mezza, scusami, però mi sento proprio soddisfatto. Grazie davvero.
“Ma che, scherzi. Grazie a te. Fammi sapere se ti servono altre informazioni o qualche foto”.
Sì certo, le foto sono sempre una parte critica. Ti farò sapere quando è pronto l’articolo e poi condividilo, mi raccomando.
“Perfetto. Giusto in tempo, è arrivato proprio ora il fotografo. Ti devo lasciare. Tienimi aggiornato.”
Sì Sheddy, buonanotte e saluti da Cipro.
“Ah grande, buonanotte e ci sentiamo nei prossimi giorni per quello che ti serve per l’articolo”.
La mia intenzione iniziale era soltanto quella di ricondividere la videointervista di un mio amico e invece ho conosciuto un artista e una persona davvero in gamba, che poi è un giovane come me. Magari tutte le giornate finissero così.
Articolo di Edoardo Batocchi
Videointervista di Fabio Giannoni*
*Fabio Giannoni ha intervistato anche Blancoz che è l’amico che vi avevo fatto conoscere in questa intervista, la prima che ho realizzato per il MUG.