La montagna è il denominatore comune. In particolare lo è l’Appennino che fa da sfondo. Sia in Tomica e le vie segrete della Sibilla, sia in Uomini e Fuochi, sia in Chi apre serra, 40 anni nei rifiuti del Gran Sasso.

I linguaggi sono diversi e lo sottolinea lo stesso registra Andrea Frenguelli, perugino che vive però a Roma da diversi anni – ma Perugia lo richiama sempre a sé. “Riflettono tre sguardi diversi oltre tre linguaggi diversi, non solo sulla montagna, ma anche sul cinema”, racconta Andrea ai microfoni del Mug. “Tomica è il classico alla Free Solo con un testo parlante. Il cortometraggio sul Franchetti – Chi apre serra – ha un linguaggio veloce, e invece Uomini e Fuochi è quello più sperimentale”. Concentriamoci sul primo citato e ultimo uscito nelle sale dei cinema indipendenti. Prodotto dal PostModernissimo – cooperativa fondata dal nostro protagonista nel 2014 insieme a Ivan Frenguelli, Andrea Mincigrucci e Giacomo Caldarelli – il documentario dà voce alla storia alpinistica dei monti Sibillini, il territorio tra Umbria e Marche segnato dal dramma del terremoto. Tutto in realtà parte dall’intuizione di tre amici e dalla loro voglia di vedere oltre scalando la via del Gran Gendarme: nasce così la via di arrampicata sportiva più impegnativa Tomica, che si affaccia sui laghi di Pilato. Solo nel 2020 Gabriele Antonielli, giovane con il mito dell’alpinismo, la scala in libera. È per questo che il regista lo definisce il film “alla Free Solo”: nasce per caso, in quota, a settembre 2020. “Semplicemente attraversando questi monti ne senti la forza antropologica, non hanno perso negli anni la magia che da secoli li abbraccia”. Andrea parla così della sua creazione, soddisfatto soprattutto del feedback ricevuto dal pubblico.
Autore, operatore, montatore, supervisore di produzione e molto altro: Andrea nei suoi lavori, spesso, è tutto in uno. “Ho la passione per il racconto e per le storie. Sono un osservatore”. Al Mug racconta: “Inizialmente volevo fare il giornalista. A 27 anni ero assistente di redazione per un talk show, mezz’ora di approfondimento serale. Però come lavoro era troppo servile, remissivo. Ma lì per lì mi ha affascinato il mondo della produzione televisiva”. Prima di trasferirsi a Roma, c’è stato un passaggio anche a Milano, dove entra in contatto con il colosso “Vice”. Poi arrivano le esperienze da film maker e una serie importante di collaborazioni. “Ho iniziato ad avere coscienza del processo cinematografico, l’editing, il montaggio, sono diventato un montatore veloce”.
Qual è il prodotto a cui sei più affezionato? “Recentemente ho rivisto Ex Cim – Mattone su mattone. C’è stata un po’ di commozione”. Si riferisce al lavoro uscito nel 2018, ora disponibile su YouTube, un film che ripercorre l’antagonismo perugino tra la fine degli anni Ottanta e la fine degli anni Novanta. Storie e aneddoti ascoltati negli anni dai due autori – lui insieme a Ivan Frenguelli – che fanno parte della generazione successiva a quella degli occupanti del Csoa ExCim. “Studiando, scrivendo e supportando, abbiamo deciso di riappropriarci di un tassello della nostra storia, un tassello che vorrebbe piombare dritto sulla testa di chi quegli spazi li ha sempre osteggiati”. Ecco, Andrea durante l’intervista mi arriva diretto e senza peli sulla lingua. Risposte dritte al punto, senza di giri di parole o frasi lasciate in sospeso. A volte spiazzanti.

Un consiglio per una giovane giornalista? “Non fare figli. No, scherzo. Perseveranza, tanta”. E il tuo segreto? “Credo di avere talento a indagare nelle persone. Ho capacità di sintesi sviluppate, già me lo diceva la mia maestra alle elementari. E poi in quello che faccio ci metto il ritmo giusto: questo è dato dalla musica che accompagna le mie giornate e mi aiuta a trovare ritmi interessanti anche per la mia fonte di scrittura, il montato”. Un tuo difetto? “La memoria a breve termine non mi aiuta”.
Di Arianna Sorrentino