Era il 1994, la nazionale di calcio messicana ai mondiali statunitensi schierava tra i pali un certo Jorge Campos, portiere che passerà alla storia più che per le sue doti tecniche per le variopinte divise che sfoggiava durante le partite. Durante quella stessa estate, nel vecchio continente e più precisamente a Gubbio stava nascendo un festival musicale: il Gubbstock.
All’epoca buona parte dei giovani musicisti eugubini si ritrovava durante tutto l’anno per suonare insieme in un luogo in mano all’Informagiovani: la sala prove comunale. Il Gubbstock nasce per dare la possibilità ai ragazzi che frequentavano questo spazio di esibirsi davanti a una platea, su un palco vero e proprio. Da quella prima edizione il festival è cresciuto, ha occupato diversi spazi e ospitato gruppi provenienti da tutta Italia.
Il mio primo approccio col Gubbstock risale al 2010, edizione in cui il festival si svolgeva al Teatro romano, e anno che ricordo per la presenza di una band perugina con alle spalle poco più di un paio d’anni di attività: i Fast Animals and Slow Kids. Sul banchetto del merch avevano giusto l’EP Cioccolatino e una maglietta con un disegno di un rastrello. Dall’edizione successiva sono entrato a far parte dell’associazione che affianca l’Ufficio Informagiovani nell’organizzazione e il festival mi ha visto sempre con addosso un cartellino con sopra la scritta “STAFF”.
Mentre scrivo quest’articolo è passato poco più di un mese dalla ventiseiesima edizione del Gubbstock, la nona da organizzatore, che si è svolta il 30 e 31 luglio presso il chiostro della biblioteca Sperelliana. Durante quelle serate e nelle giornate intorno al festival si sono svolte alcune iniziative collaterali legate al mondo dell’arte e della letteratura, tra queste due sono state quelle che mi hanno visto coinvolto in maniera più intensa: Colla, una mostra di street poster art, e Inchiostro, un live drawing in cui dei giovani artisti del posto hanno dato nuova vita a vecchi libri della biblioteca.
Dopo una serie di alcune formazioni del territorio, come headliner sono saliti sul palco gli /handlogic, band di rock elettronico fiorentina, seguita da un aftershow insieme agli Angels, un coro gospel. A chiudere la serata successiva e a permettermi di iniziare l’articolo parlando di calcio sono stati i Campos, band che dal portiere messicano ha preso il nome e l’ispirazione per la grafica del suo primo disco, che replica con esattezza la stampa delle sue magliette. I Campos sono anche autori di Umani, vento e piante, disco che per chi sta scrivendo è tra i migliori usciti in Italia nell’ultimo anno.
L’anno prossimo mentre sarò nel pieno dell’organizzazione del Gubbstock 2020 il Messico giocherà la quarantasettesima edizione della Copa America, speriamo solo che il portiere titolare non sia Ochoa, è un pessimo nome per una band.
Sebastiano Ramacci