In questi ultimi anni c’è uno sport che, per quanto riguarda l’Italia, continua a regalarci soddisfazioni ed è in continua ascesa: il tennis. Abbiamo ben 17 tennisti nelle prime 200 posizioni del mondo ma la notizia più bella è che uno di questi, il 119°, è umbro. Stiamo parlando di Francesco Passaro, ventunenne che si allena allo Junior Club Perugia. “Per me e per lo Junior in generale è un onore avere lui al circolo perché la nostra scuola ha come obiettivo quello di creare un gruppo di ragazzi e dargli un’educazione a livello di impegno e responsabilità, al di là del tennis e del dritto o rovescio. Noi ci impegniamo ogni giorno affinché tutti migliorino con questi principi e la fortuna ha voluto che tra loro Francesco crescesse proprio qui da noi. Questa cosa non fa altro che renderci ancora di più orgogliosi del lavoro che facciamo giornalmente. Dobbiamo anche dire che lui è un ragazzo solare, generoso, pieno di amici, sta bene con tutti, ha un carattere molto aperto, ama divertirsi e stare in compagnia”, ci dice felice Roberto Tarpani, allenatore di Passaro.
Noi del Magazine Umbria Giovani siamo andati a intervistare il tennista perugino
ripercorrendo dall’inizio la sua passione per questo sport.
Ciao Francesco, quando e come nasce la passione per il tennis?
“Ho iniziato all’età di sei anni vedendo le mie sorelle e i miei genitori che giocavano e da lì ho voluto provare anche io. Facevo anche calcio e judo. Successivamente ho smesso un anno gli altri due sport per fare calcio ma da quando ho 14-15 anni mi sono dedicato solo al tennis. Da lì posso dire di aver iniziato a farlo seriamente con doppi allenamenti e sempre più intensi. Ho scelto questo sport sia perché mi piaceva di più rispetto agli altri che praticavo sia perché probabilmente ci ero più portato”.
Qual è il tuo idolo, un tennista che stimi tantissimo?
“Federer e Del Potro sono i due tennisti che stimo sicuramente di più, anche se purtroppo entrambi hanno smesso”.
In questa ventina d’anni abbiamo avuto tennisti del calibro di Nadal, Federer e
Djokovic. Ci hai giocato qualche partita o ti è capitato di allenarti con loro? Se si
che tipo di persone sono?
“Con Federer e Nadal purtroppo no ma sono riuscito ad allenarmi quest’anno al Foro Italico a Roma con Djokovic. È una persona splendida che mi ha fatto sentire subito a mio agio e parlandoci ha cercato di non farmi sentire quel distacco tra lui, campione ex numero uno, e me. Comunque è stato molto piacevole e sicuramente una giornata che non dimenticherò mai”.
Parlando invece di te non possiamo non parlare di questo tuo magico 2022 partito oltre 600 del mondo arrivato addirittura 119. Il bilancio è assolutamente positivo no? Che emozione è per te? Ci credi che sei lì tra i grandi?
“Sì, è stato un anno ricco di emozioni e di prime volte. Ho vinto il mio primo torneo ITF, il primo 15.000 sul cemento e il primo Challenger a Trieste. Inoltre ho fatto quattro finali, ho giocato per la prima volta nel tabellone principale di un master 1000 a Roma e ho vinto la mia prima partita a livello Atp a Firenze. Grazie a questi risultati sono riuscito a qualificarmi per le Next Gen, il torneo dei migliori otto under 21 della stagione. Sono molto orgoglioso di questa annata che è il risultato di un lavoro che parte da parecchi anni con il mio maestro Roberto Tarpani e siamo felici di esserci
tolti qualche soddisfazione. Per quanto riguardo il fatto di crederci di essere tra i grandi ti dico di sì, ancora mi manca qualcosina però indubbiamente la strada intrapresa è quella giusta”.

A proposito di Next Gen, che emozione è stata per te? Raccontaci un po’ questa esperienza.
“Essere lì è un qualcosa di incredibile. Pensate che l’anno scorso mentre gli altri le stavano giocando io ero al centro tecnico federale Tirrenia e mi stavo allenando. In quel momento guardarle e pensare che l’anno dopo sarei stato lì a giocarle era impensabile. Non era tra i miei pensieri neanche a inizio stagione, poi è ovvio durante l’anno grazie ai miei risultati ho iniziato anche a credere di riuscire a qualificarmi e sono felicissimo di avercela fatta”.
Sei stato anche nelle scorse settimane al Supertennis Award, vincendo il premio “most improved” proprio per essere salito da oltre 600 a 119. Che emozione è stata per te essere sul palco e aver vinto questo premio?
“Beh, diciamo che non ero a mio agio come in un campo da tennis mentre gioco però sicuramente sono premiazioni importantissime. È un orgoglio. Poi essere stato premiato da Nicola Pietrangeli che è stato uno dei migliori tennisti italiani della storia e aver condiviso quei momenti con altri giocatori come Lorenzo Musetti, Lorenzo Sonego e Matteo Arnaldi è un qualcosa che fa molto piacere”.
Tra le partite che hai giocato ce n’è una in particolare che ti ha lasciato forti emozioni e che ricordi in maniera particolare? Io ad esempio non posso non citarti la battaglia di quasi tre ore alle Next Gen in cui con i crampi hai battuto Matteo Arnaldi, un altro giovane promettente come te.
“Quella è stata una partita non semplice essendo io e Matteo molto amici. Io e lui abbiamo giocato e girato il mondo molte settimane insieme sin da piccoli quindi è stato un qualcosa di indescrivibile. Poi mettici i crampi, si era creata un’atmosfera tipo da film. Penso anche un po’ il destino ha voluto che io e lui riuscissimo a rigiocare contro in un torneo così importante, è un qualcosa che magari dentro di te dici ‘stiamo crescendo’ e lo stiamo facendo bene. È stato tutto incredibile, abbiamo stabilito anche il record della partita più lunga delle Next Gen, quindi abbiamo scritto un pezzo di storia. Poi a parte quella ci sono altre partite che ricordo in maniera particolare, come la prima vinta a livello Atp a Firenze contro Zhang, il primo titolo. Ci sono momenti importanti durante questa stagione
però quella con Arnaldi che mi hai citato è la più bella partita finora giocata”.
In questi ultimi anni il tennis italiano sta stupendo tutti. Che rapporto c’è fra di voi? Tutti amici o c’è anche un po’ di competizione?
“Un po’ di sana competizione c’è ma comunque sia siamo tutti amici, ci spingiamo l’uno con l’altro. Magari uno fa un buon risultato e dà la carica a tutti noi che siamo dietro. Ci dà la spinta a fare sempre quel qualcosina in più come se fosse una piccola lotta ma almeno io sono molto contento se gli altri vanno avanti o salgono di classifica. Poi io sono amico con quasi tutti, tendo ad essere buono e non mi
interessano più di tanto i risultati degli altri. Penso al mio. Poi se giochiamo contro, amici prima e dopo la partita, però mi fa molto piacere che stiamo salendo tutti insieme”.
Hai avuto la possibilità di conoscere i nostri migliori tennisti? Che tipo di persone sono i vari Sinner, Berrettini, Sonego, Musetti?
“Berrettini e Sonego essendo più grandi me lì conosco un po’ meno e ci ho trascorso meno tempo insieme. Invece Lorenzo Musetti è una persona bravissima, con me non è mai cambiato di una virgola da quando era più piccolo a ora che è 23 del mondo. Sinner invece è molto simpatico e quando lo vedi in campo sempre serio, dici non prova emozioni, ma fuori dal campo è ironico e scherzoso. Mi ha fatto molto piacere conoscerlo e trascorrere dei giorni con lui”.
Che emozione sarebbe per te un giorno riuscire a giocare con loro per la nostra nazione e cercare di vincere la Coppa Davis?
“È un piccolo sogno quello di riuscire a giocare la Coppa Davis per la mia nazione. Parlo con loro che già le giocano e come mi hanno detto è qualcosa di bellissimo. Spero presto di riuscire a giocarla anche io”.
A inizio intervista Roberto Tarpani, il tuo allenatore, ha speso delle belle parole per te. Tu invece cosa pensi di lui?
“Io e Roberto siamo molto legati soprattutto fuori dal campo. Lui fin da piccolo è stato il mio allenatore nonché padrino di comunione e cresima. Abbiamo quindi un feeling e legame particolare che magari ogni tanto porta a scontrarci ma entrambi siamo cresciuti l’uno grazie all’altro. Se sono quello che sono oggi è assolutamente merito suo sia per la sua passione che poi dà a me sia per la sua educazione. Io da piccolo ero un po’ più pigro e lui mi ha sempre spronato nel cercare di fare quel qualcosa in più. Anche ora se faccio un buon risultato lui mi dice che bisogna continuare a lavorare che la strada è lunga e che non bisogna mai accontentarsi”.

Torniamo a parlare di te. Immagino che con Roberto e con tutto il tuo staff siate già al lavoro per la stagione 2023. Sei pronto e carico?
“Sì, dai, il 23 dicembre scorso ho concluso la quinta e ultima settimana di preparazione al Tirrenia. Abbiamo fatto un bel lavoro, sono molto carico. Dal 26 sono in Australia dove giocherò il primo torneo stagionale a Camberra, un Challenger. Poi la settimana successiva, dal 9 di gennaio, avrò le qualificazioni per l’Australian Open dove spero di entrare nel tabellone principale”.
Sappiamo che tutti hanno una superficie in particolare che preferiscono e in cui giocano meglio e hanno risultati migliori. Qual è la tua?
“Il cemento lo sto scoprendo da un anno a questa parte e secondo me devo ancora capire molto il mio gioco. Sull’erba, invece, ci ho giocato poco. Non ho una superficie preferita ma posso dire che mi piacciono sia cemento che terra rossa”.
Per quanto riguarda invece gli allenamenti quanto e come ci si allena durante la settimana? Oltre al campo quanto è importante la parte atletica? E invece la parte mentale con il mental coach?
“Durante la preparazione le prime due-tre settimane giocavo poco a tennis, quattro giorni a settimana. Il resto è tutta parte atletica che è fondamentale per noi giocando tutto l’anno e facendo molte partite. Arriviamo a fine stagione un po’ scarichi fisicamente e la preparazione per l’anno nuovo serve proprio a questo. È un po’ come se la macchina va a fare benzina e facendo la parte atletica è come se riempissimo il serbatoio. La tecnica è importante ma non ci dimentichiamo di come si gioca nelle due settimane in cui si sta meno in campo. La parte mentale invece è importantissima visto che quando giochi sei solo. Sì, hai l’allenatore fuori nell’angolo vicino ma le scelte, le decisioni e le tensioni le devi gestire tutte da solo. Da questo punto di vista sto lavorando con uno psicologo di Perugia, Rinaldo Pasqua, che oltre ad aiutarmi a gestire paure e rituali mi è utile anche per confidarmi e liberarmi da qualche peso. Essendo giovane e viaggiando molto tutte le settimane stando fuori da casa lontano da familiari, amici quasi tutto l’anno non è per niente semplice. La figura del mental coach serve proprio per liberarti da tutto quello che hai dentro in modo da essere leggero di testa in campo”.
Prima hai parlato di rituali e scaramanzie durante la partita. Chi segue questo sport sa che molti tennisti ne hanno alcuni particolari che ripetono sempre. Tu invece ne hai qualcuno?
“No, non ne ho uno in particolare ma quando servo faccio battere la pallina a terra sette-otto volte. Nei momenti in cui sono molto concentrato lo faccio sempre tutti i punti. Quando inizio ad essere un po’ più stanco si vede anche da quello”.
Immaginiamo che anche l’alimentazione sia fondamentale in quanto ogni partita può durare un’ora ma anche tre o più e il dispendio fisico è notevole.
“Per me l’alimentazione è uno dei sacrifici più grandi visto che mi piace molto mangiare. Noi tennisti però dobbiamo avere un’alimentazione sana per arrivare pronti e durare di più a livello fisico durante l’arco della partita. Quindi indubbiamente dobbiamo evitare dolci e cibi molto calorici”.
Invece a ridosso di un torneo o il giorno prima della partita come ci si prepara? Come nel calcio si cercano i punti deboli dell’avversario attraverso video o ci si concentra solo su se stessi?
“Anche il tennis si sta evolvendo e grazie alle tantissime statistiche che abbiamo a disposizione con l’allenatore le analizziamo e guardiamo un po’ gli avversari preparando una tattica di partita. Poi ovviamente c’è l’allenamento personale. Diciamo che è un mix di cose”.

Ovviamente la stagione per un tennista è fatta di programmazione ma anche di viaggi in tutto il mondo. C’è una città o uno stato in particolare che ti ha stupito tantissimo?
“La città più bella che ho visto finora è stata New York. Ci sono stato tre volte. Inoltre adesso sono curioso di rivedere meglio Melbourne perché nell’unico anno che ci sono andato, nel 2019, non sono riuscito a visitare molto ma l’Australian Open è lo slam che mi piace più di tutti”.
E la vita privata, tipo uscite con amici e conoscere nuove ragazze, non è facile posso immaginare.
“La vita privata non è semplice però ho anche una fidanzata che sinceramente mi aiuta molto perché conoscendo l’ambito del tennis capisce e non mi fa pesare la cosa che non ci sono spesso. Anche i miei amici sono tutti quelli del circolo quindi anche loro li vedo pochissimo”.
Hai un sogno nel cassetto che speri di realizzare magari chissà nel 2023?
“Riuscirci già nel 2023 è un po’ dura ma il sogno per me, ma credo un po’ per tutti gli
italiani, è quello di vincere gli Internazionali di Roma al Foro Italico”.
Se un ragazzo ti chiedesse perché fare tennis tu cosa gli diresti? Perché lo consiglieresti così tanto?
“Gli consiglierei di fare tennis perché è uno sport sano e una scuola di vita. Per quanto riguarda me questo sport mi ha fatto maturare e crescere molto. Fin da piccolo ho ovuto prendermi le mie responsabilità viaggiando per il mondo anche da solo e indubbiamente questo ti dà l’impronta di quella che è la vita, che somiglia molto a una partita di tennis. Tu solo contro il tuo avversario che cerca di metterti in difficoltà, e devi essere bravo a uscirne senza l’aiuto di altre persone. Inoltre ti porta a stare con
persone sane circondandoti di amici uniti dalla stessa passione”.
Marco Schiavoni