Centro Speranza: una struttura riabilitativa per giovani disabili

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A Fratta Todina, all’interno del Palazzo Altieri, dal 1984 sorge il Centro Speranza. L’attività iniziò nel settembre di quell’anno su iniziativa della Congregazione delle Suore Ancelle dell’Amore Misericordioso. L’opera porta il nome della madre fondatrice, la beata Madre Speranza di Gesù, e la sua missione è quella di promuovere la vita di bambini, giovani e adulti con gravi disabilità e sostenere la serenità delle loro famiglie, la loro inclusione scolastica e sociale. Attualmente è una struttura sanitaria accreditata dalla Regione Umbria che offre servizi riabilitativi, socio-riabilitativi ed educativi per bambini, giovani e adulti con disabilità senso-motorie, cognitive, disturbi del comportamento e ritardi del neurosviluppo.

“Nel nostro Centro attualmente sono 51 i dipendenti a supporto delle Suore Ancelle dell’Amore Misericordioso, tra loro un medico neurologo, una psicologa, due infermieri, un coordinatore pedagogico, un assistente sociale, educatori professionali, operatori socio sanitari, terapisti della riabilitazione (fisioterapia, logopedia, psicomotricità, musicoterapia) operatori socio sanitari e assistenti educatori oltre anche a manutentori e amministrativi. Il Centro Speranza accoglie circa 70 assistiti provenienti da comuni della Media Valle del Tevere, dal Comune di Perugia e dalla zona di Terni. Il bambino più piccolo ha 4 anni mentre il più grande 55. Loro frequentano gruppi classe, divisi per età anagrafica e quadro clinico-funzionale autorizzati dalla Usl Umbria per percorsi specifici di tipo riabilitativo e sanitario, educativo e sociale. Anche il supporto della famiglia è considerato una risorsa fondamentale per il benessere individuale della persona. Al fine di sostenere i familiari nelle difficoltà e renderli il più possibile partecipi del percorso del proprio caro, è presente un assistente sociale interno al servizio e inoltre ci avvaliamo della condivisione del Progetto Riabilitativo Individuale”, ci dice Giulia Arceri, responsabile della comunicazione.

“La giornata di un bambino al Centro Speranza inizia alle 9 e all’arrivo ognuno raggiunge la propria classe per iniziare insieme la giornata. Il saluto al mattino è un momento importante: operatori e assistiti si ritrovano, iniziano insieme una nuova routine e questo aiuta i ragazzi a sentirsi parte di un gruppo. Poi per ognuno di loro si prosegue con terapie singole o di gruppo, mirate a promuovere le loro abilità residue e potenziali: attività di logopedia, fisioterapia in acqua e in palestra, psicomotricità, musicoterapia, potenziamento cognitivo, laboratori di cucina, estetica, ceramica, orto e attività artistiche. Al termine delle attività, i gruppi si ritrovano per condividere il momento del pasto, riposare e infine congedarsi e rientrare a casa. Per ognuno di loro l’équipe sceglie un percorso diverso in funzione del Progetto Riabilitativo Individuale elaborato per rispondere ai bisogni specifici della persona. I bambini e i ragazzi con gravi disabilità necessitano di sentirsi amati e accolti, per questo gli educatori professionali e i terapisti della riabilitazione propongono trattamenti riabilitativi ed esperienze educative integrate fra loro, il cui scopo è quello di dare dignità e rendere bella la loro vita”, conclude emozionata Giulia.

Alessandro Caporali ha 39 anni. “Il mio percorso al Centro Speranza”, ci dice, “è iniziato a 19 anni come obiettore di coscienza, ed è proseguito come assistente educatore in un gruppo classe”,. “In quegli anni è cresciuto in me il desiderio di intraprendere un percorso formativo che mi permettesse di avere strumenti adeguati per promuovere la vita delle persone con disabilità. Attualmente sono educatore inserito in una équipe multidisciplinare e responsabile di un gruppo classe composto da cinque ragazzi adolescenti con Disturbo dello Spettro Autistico associato a una disabilità intellettiva grave e compromissione del linguaggio. Se mi chiedi qual è un’attività in particolare in cui vedo i ragazzi colpiti ti dico senza dubbio il progetto ‘Camminando, imparando’ che da alcuni anni proponiamo a loro. L’obiettivo è quello di condurre, motivare e agevolare i ragazzi con disturbi del neurosviluppo la possibilità di sperimentare il mondo nella capacità di gestire imprevisti e superare timori, creando consenso e fiducia in sé stessi e negli altri. In questi anni, insieme ai colleghi, ho accompagnato il gruppo in passeggiate nel verde intorno al Centro Speranza, abbiamo guadato il fiume Faena, sperimentato attività di pesca sportiva e vissuto esperienze di pet therapy al maneggio. I ragazzi hanno anche vissuto esperienze di svago al Luna Park, al centro commerciale, alla fiera e trascorso giornate intere in agriturismo, gite in città d’arte come Assisi, Todi, Perugia, Arezzo. In queste diverse circostanze è piacevole osservare come i ragazzi siano diventati capaci di comportarsi in maniera adeguata anche in contesti a loro inusuali, al di fuori delle loro comfort zone e routine”.

Matteo e Flavio

Chi invece è entrato quasi per caso a lavorare al Centro Speranza è Matteo Lo Grasso, 23 anni, assistente educatore, studente operatore socio sanitario.
“Nel febbraio 2020, dopo il diploma, mia zia mi suggerì di provare a fare la domanda per il bando del servizio civile universale dicendomi che avrei fatto un’esperienza che mi avrebbe cambiato la vita e così è stato. Al termine del servizio civile, ho continuato a frequentare il Centro Speranza come volontario, e poco dopo ho avuto la possibilità di firmare il mio primo contratto di lavoro come assistente educatore. È stata una grande soddisfazione personale di cui sto facendo tesoro. Ho scoperto un lato di me che non conoscevo e ho scelto di specializzarmi in questo settore. Attualmente mi occupo insieme all’équipe di favorire il benessere e l’autonomia dei bambini e dei ragazzi. L’aspetto che mi piace di più di questo lavoro è sentirmi parte di un team, avere uno scambio collaborativo con professionisti. Al Centro Speranza si respira un clima familiare, c’è accoglienza non solo nei riguardi degli assistiti, ma anche tra colleghi. Ho scoperto di sentirmi al posto giusto sentendomi apprezzato. Prima di essere qui non mi ero mai interessato al tema della disabilità e questa esperienza mi ha aperto il cuore e la mente. Ogni giorno è una sfida con me stesso per trovare la chiave per entrare in relazione con le persone disabili. Ognuno ha un mondo da scoprire e io desidero condividerlo con loro”.
Matteo, infine, vuole raccontare qual è stata l’esperienza che gli ha davvero cambiato la vita. “Un giorno ho chiesto ai ragazzi del gruppo al quale ero assegnato cosa avessero fatto di bello nel fine settimana e Flavio mi rispose di essere stato a passeggio con il cane insieme al suo papà. Da quel momento, quella risposta così semplice eppure così profonda ha cambiato per sempre la mia vita. Con Flavio ho stretto un legame speciale, per me è un amico. L’ho presentato al mio gruppo di amici, vado a casa sua o lo porto con me in giro a fare aperitivi. Ho scoperto che la vera ricchezza è nelle relazioni autentiche”.

Marco Schiavoni